Negli ultimi anni non è stato raro imbattersi annunci di vendita di immobili che possono essere pagati anche in criptovalute: ma è legale? Che rischi si corrono?
Ad oggi restano aperti diversi dubbi su tale operazione, nonché alcuni vuoti normativi che potrebbero essere regolarizzati nell’arco di qualche anno.
La risposta è sì: è capitato che, nel mondo e in Italia, degli edifici fossero compravenduti in questo modo.
Il primo caso si è verificato nel settembre 2017 ad Austin, Texas. L’acquirente era un professionista del settore tech e ha richiesto di effettuare l’acquisto in bitcoin; il costruttore ha accettato a patto che la valuta fosse convertita in dollari nel corso dell’atto.
Pochi mesi dopo, nella contea inglese dell’Essex. Siamo nel dicembre 2017: una compravendita riguarda una casa singola in costruzione al prezzo di 350.000 sterline; un’altra riguarda una proprietà nel Colchester e l’acquirente pare sia un bitcoin-miner.
Da allora, le transazioni in criptovalute hanno cominciato a farsi strada. La compravendita più insolita? Pare che nel Regno Unito sia stata venduta una chiesa per 1,2 milioni di sterline, e la transazione sia stata effettuata in bitcoin.
E in Italia?
Anche in Italia si registrano casi di compravendite immobiliari in criptovalute. Il primo atto effettuato in bitcoin registrato attraverso la blockchain è avvenuto a Torino nel gennaio 2018, ma già da tempo a Roma erano stati messi in vendita 123 appartamenti nel quartiere San Lorenzo, che potevano essere pagati in criptovaluta.
Per acquistare in bitcoin è necessario aprire un wallet e comprare criptovalute in cambio di valute. A quel punto i bitcoin o le criptovalute acquistate possono essere nuovamente cambiati in valuta ma anche spese presso qualunque attività fisica o virtuale che le accetti.
I bitcoin in particolare non hanno valore legale in Italia, ma possono essere utilizzati come forma di pagamento alternativa se le due parti sono d’accordo. Non si tratta peraltro dell’unica forma di pagamento diversa dall’euro, si pensi ad esempio alla corresponsione di buoni pasto da parte delle aziende come parte integrante del salario.
Una risoluzione dell’Agenzia delle Entrate (n. 72/E del 2016) ha stabilito che la moneta virtuale è “alternativa a quella tradizionale e la sua circolazione si fonda sull’accettazione volontaria da parte degli operatori del mercato che ne riconoscono il valore di scambio indipendentemente da un obbligo di legge”. Nell’atto va riportato il valore corrispettivo in euro.
Per concludere: sì, è tecnicamente e civilisticamente possibile effettuare una compravendita immoibiliare in criptovaluta, su base volontaria dei contraenti.
Tuttavia, esistono dubbi e criticità di varia natura.
Il primo punto sono le norme anti-riciclaggio che comprensibilmente pongono forti limiti sull’utilizzo di criptovalute e blockchain.
Non è chiaro inoltre e se e come sia possibile accedere a un mutuo se la compravendita è stata effettuata in bitcoin.
In più, la volatilità delle criptovalute rende il tutto piuttosto rischioso.
Insomma, il trend sembra essere in crescita ed è certamente da tenere d’occhio, tuttavia sarebbe opportuno regolamentare il processo rendendolo più trasparente e sicuro.
Un modo innovativo ma allo stesso tempo consolidato e regolamentato per investire nel real estate, resta il crowdfunding immobiliare. Se si vuole investire nell’immobiliare oggi, non c’è necessariamente bisogno né di un wallet per le criptovalute né di grandi capitali. Si può infatti partecipare a opportunità di compravendita in maniera trasparente e sicura, investendo anche poche centinaia di euro.
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