In occasione dell’ultima riunione (virtuale) del World Economic Forum, è stato presentato e consacrato un grande progetto di restaurazione dell’economia mondiale a seguito della pandemia da Covid.
Vediamo quale scenario economico mondiale è emerso in occasione del meeting che si tiene a Davos, sulle montagne svizzere, ogni anno.
La situazione, prevedibilmente, non è rosea: solo nel 2020 la contrazione globale del PIL è stata del 3.5%; i costi della pandemia dal 2020 al 2025 si possono calcolare in ben 22mila miliardi di dollari. 90 milioni di persone stanno rapidamente scivolando sotto la soglia della povertà.
La ripresa c’è, ma è diseguale. La Cina è da tempo in crescita, tanto che ha chiuso il funesto 2020 con un +2.3%. Per alcuni paesi, ad esempio quelli che stanno adottando massicci piani vaccinali come Giappone e USA, si prevede una ripartenza più o meno timida verso la seconda metà del 2021; per altri, come l’Italia, la fine del tunnel sembra ancora lontana.
Le previsioni 2021 vedrebbero l’Italia sprofondare ancora del -4.4%, contro un +8.3% della Cina. Si prevede che l’Eurozona ricominci a vedere la luce nel 2022.
Insomma, l’occidente si trova oggi in un momento di enorme incertezza; l’Europa è in una situazione di vero e proprio affanno e una spada di Damocle incombe su moltissimi paesi: il debito pubblico.
L’indirizzo emerso dal World Economic Forum si chiama Great Reset.
Secondo Klaus Schwab, fondatore della ONG, ci troveremmo di fronte alla grande opportunità di ridisegnare gli equilibri economici con una forte ottica ambientalista e orientata all’equità. La pandemia ha infatti fatto emergere prepotentemente le vulnerabilità di un sistema votato alla crescita infinita e indiscriminata e secondo i potenti del mondo un importante cambio di rotta è fondamentale.
Le tre aree di intervento dovrebbero essere le seguenti:
Mercati finanziari: spostamento dell’attenzione dagli interessi degli shareholders (azionisti) agli stakeholders (ovvero tutti coloro sui quali gli scenari finanziari e macroeconomici hanno un impatto), con l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile.
Sostenibilità ambientale e sociale, con forte ingaggio delle imprese.
Condivisione globale delle innovazioni apportate dalla ricerca scientifica e tecnologica.
Sembrerebbe tutto assolutamente condivisibile, eppure molti commentatori hanno evidenziato importanti criticità a breve termine. Per esempio sembra scontato che un tale cambio di direzione incontrerà moltissime opposizioni, che potrebbero minarne la riuscita in maniera sostanziale.
Inoltre, tutto questo sembrerebbe suggerire una forte ingerenza dei governi negli interessi privati, nonché una forte dipendenza digitale che fa gridare qualcuno all’avvento della tecnocrazia.
Non è neanche del tutto chiaro che cosa comporterebbe la cancellazione del debito dei paesi auspicata dal forum.
A dire il vero, scenari apocalittici sono lontani dall'essere verosimili perché il World Economic Forum, come Organizzazione Non Governativa, non ha il potere di determinare le decisioni degli Stati sovrani.
Tuttavia, si tratta di indirizzi che hanno un peso specifico indubbiamente importante.
Il debito globale ha oggi raggiunto cifre difficili persino da immaginare: circa 281 trilioni di dollari, ovvero il 355% del PIL mondiale.
La maggior parte di questo debito è improduttivo e non verrà ricompensato dalla crescita economica, peraltro per molti ancora molto lontana dal realizzarsi. Per utilizzare le parole di Mario Draghi, infatti, il debito può essere “buono” (quando viene investito), ma anche “cattivo” (come quello speso in sussidi).
In Italia, il debito è particolarmente oneroso: nel 2020 valeva 2.587,471 miliardi di euro, 160 miliardi in più rispetto al 2019. Nel 2021, dopo la dura prova della pandemia, il debito rappresenterà il 160% del PIL.
Eppure, paradossalmente, il debito privato è bassissimo: i soldi liquidi sui conti correnti sono così tanti che alcune banche hanno cominciato a manifestare l’ipotesi di chiudere i conti correnti con giacenze di alto valore. Infatti, visti i tassi negativi imposti dalla BCE ai depositi delle banche, rappresentano un costo.
Insomma, il rapporto tra risparmio privato e PIL, va al contrario del rapporto debito pubblico vs PIL: i risparmi degli italiani rappresentani infatti più del 200% del PIL.
Molti cominciano dunque a chiedersi se il risparmio privato sarà chiamato a riempire le voragini lasciate dal il debito pubblico. Non a caso, recentemente sono stati emessi i BTP Futura, ovvero buoni del tesoro poliennali emessi dal governo per affrontare l’emergenza Covid.
Ma non sono escluse altre misure meno accattivanti per i risparmiatori, come i succitati tassi negativi sui conti correnti o addirittura tasse patrimoniali.
Insomma, i risparmi potrebbero rappresentare il vero great reset del debito pubblico.
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