Molte economie, dal 2020, hanno assistito a grandi rallentamenti della produzione, perdita di massa salariale, e, in definitiva, recessione e povertà per alcune categorie di persone.
In questo contesto, l’Italia non si trova in una situazione particolarmente rosea, e la perdita di posti di lavoro (e di redditi da economia sommersa) ha pesato e peserà molto sulla resilienza economica delle famiglie.
Il modo in cui molti paesi stanno affrontando questo problema, in molti casi, è l’incremento di sussidi, incentivi e spesa pubblica: in poche parole, il
debito pubblico sta esplodendo in moltissimi paesi.
Secondo il FMI (Fondo Monetario Internazionale)
i deficit pubblici aumenteranno tra il 10% e il 12% in tutte le principali economie, tra casse integrazioni e interventi diretti di stimolo alla domanda.
Del resto, agli albori della pandemia, prima ancora che Draghi presiedesse il governo italiano, così aveva scritto sul Financial Times:
"La perdita di reddito subita dal settore privato, ed il debito raccolto per colmare la differenza, devono alla fine essere assorbiti, in tutto o in parte, dai bilanci degli stati. Livelli di debito pubblico molto più elevati diverranno una caratteristica permanente delle nostre economie e saranno accompagnati da cancellazione di debito privato."
Oggi la somma tra
debito pubblico e privato mondiale si avvicina oggi a
250mila miliardi di euro: il 432% del prodotto mondiale lordo.
Anche paesi tradizionalmente rigorosi hanno fatto un grande ricorso al debito pubblico: la stessa Germania ha sospeso i vincoli costituzionali di pareggio di bilancio e ha visto aumentare il disavanzo dal 4 al 9% del pil. Al momento l’interesse sul bund decennale è del – 0,6%: il tasso negativo significa che i risparmiatori stanno pagando per prestare soldi allo stato.
L’Europa, in generale, ha un debito di 11.346 miliardi di euro che nonostante i tassi di interesse ai minimi storici comporta 176,2 miliardi all’anno di spesa in interessi.
Ma vediamo a che cosa si riferiscono questi concetti macroeconomici, e che cosa comporta per i nostri risparmi il massiccio ricorso al debito pubblico.
Debito pubblico vs debito privato
Il
debito pubblico è l’insieme dei debiti contratti dallo Stato per coprire il proprio fabbisogno. Buona parte del debito pubblico italiano consiste in crediti nei confronti dei cittadini. Vengono emessi dei titoli di Stato e i cittadini o le imprese o le banche acquistano questi titoli, fornendo quindi liquidità allo Stato, in cambio della promessa di un interesse.
L’
Italia ha accumulato un debito pubblico tra i più elevati al mondo: oggi vale circa il
160% del pil.
Il debito privato è invece il debito contratto da famiglie e imprese, come mutui, fidi eccetera. L’Italia ha un debito privato basso, pertanto, se si considera il
debito aggregato (somma del debito pubblico e privato) come un indice di sostenibilità dell’economia, l’Italia si può considerare un paese stabile.
Come l’inflazione aiuta a gestire il debito pubblico
Per rientrare al rapporto pil / debito pubblico pre-covid ci vorranno alcuni lustri, e la depressione demografica che affligge l’Italia non aiuterà.
La “ricetta” adottata ai tempi della lira, sarebbe stata la
svalutazione della moneta e la conseguente inflazione.
L’inflazione alta agisce come una “tassa” sulle risorse dei creditori. Infatti, il denaro che i risparmiatori e le imprese hanno acquistato dallo Stato acquistando titoli di Stato, avrà un potere di acquisto inferiore, quando verrà loro restituito.
Qualora l’euro venisse svalutato e l’inflazione crescesse, il debito pubblico peserebbe meno sulle casse dello Stato e più sulle tasche dei risparmiatori.
Se invece la BCE aumentasse i tassi d’interesse per contenere l’inflazione che sta crescendo sensibilmente per via della ripresa della produzione in Cina e negli States, allora il debito pubblico italiano diventerebbe insostenibile e potrebbe solo essere rifinanziato o tagliato a beneficio dei debitori.
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